L'ambiente costiero delle sabbie (spiagge e dune) costituisce un caso esemplare
di “ambiente estremo". Il vento trasporta piccolissime goccioline
di acqua marina insieme a grandi quantità di minuscoli granelli di
sabbia creando un vero e proprio "aerosol" che smeriglia ed incrosta
di salsedine tutto ciò che incontra, sommergendo rapidamente i rami
e le foglie delle piante. Oltre a questo, a causa sia dell'eccessivo drenaggio
delle acque piovane nel terreno sabbioso che dilava via i nutrimenti minerali
che dell’intensa evaporazione causata dal sole e dal vento, il suolo
ed il sottosuolo sabbiosi risultano essere "fisiologicamente"
aridi. (10)(11)
L'intensità di questi fattori estremi e delle loro risultanti in
ogni caso decresce via via con l'aumento della distanza dalla battigia,
dando origine a situazioni progressivamente più permissive e consentendo
un aumento di diversità specifica man mano che si procede verso l’interno.
Visto anche il fatto, infine, che tale substrato è anche fisicamente
molto instabile e mobile, ne deriva che la formazione delle comunità
vegetali è spesso molto difficile e solo poche specie vegetali altamente
specializzate vi riescono a vivere: sono queste le piante "psammofile",
ovvero le piante delle sabbie, che hanno adottato particolari e ben specifici
adattamenti morfologici e fisiologici:
-Adattate ad ambienti fisiologicamente aridi ma non salati, vivono sempre
ad un livello decisamente superiore a quello dell’alta marea, in modo
da essere innondate da acque salate solo saltuariamente e per periodi molto
brevi
-Alcune hanno radici molto sviluppate per poter raggiungere in profondità
l'acqua, dolce, che scarseggia in superfici, altre invece in orizzontale
in modo da raccogliere la maggior quantità possibile di acqua piovana
-Possiedono una notevole resistenza all'ambiente aereo salmastro, ovvero
ai cristalli di sale minutissimi trasportati dai venti che possono smerigliare
le gemme e le foglie delle piante.
-Generalmente sono basse o presentano un portamento prostrato per opporre
al vento una resistenza limitata.
-Producono germogli a diverse altezze per evitare il completo seppellimento
da parte della sabbia portata dal vento.
-Hanno foglie con una colorazione chiara per proteggersi dai raggi del sole.
-La superficie delle foglie ridotta al minimo ricoperte da una leggera peluria
per evitare un'eccessiva traspirazione.
-Possiedono sistemi di accumulo di acqua nelle foglie, che hanno spesso
aspetto carnoso (crassulenza).
-Possiedono una ridotta traspirazione, per evitare l’eccessiva evaporazione
causata dal forte irraggiamento solare.
*www.ambiente.venezia.it
(29)
In generale è giusto osservare che il sistema delle comunità vegetali psammofile costiere costituisce una sorta di “diaframma elastico" su cui si attutiscono fortemente gli effetti del mare e che la sua presenza è condizione necessaria sia per l'equilibrio della diversa vegetazione naturale retrostante che per il mantenimento delle dune e delle spiagge e la loro resistenza all’azione erosiva del mare.
Una sana situazione litoranea, con dune progressivamente più stabili e basse macchie nelle dune più interne, è in grado di alzare i venti salsedinosi carichi di aerosol marino e di limitare quindi la quantità di sabbia trasportata lontano dal vento, condizioni queste indispensabili per consentire l'esistenza di comunità forestali stabili retrostanti al sistema dunale.
Non bisogna nemmeno dimenticare che la situazione che oggi si osserva nello spazio riassume quindi un fenomeno storico. Le comunità del sistema dunale psammofilo non sono legate soltanto da rapporti spaziali ma anche da rapporti temporali dinamici, sia di breve che di lungo periodo. Ci basti pensare per esempio al caso dell’evoluzione costiera dell’Emilia Romagna e del delta del Po degli ultimi 3000 anni: successivamente ai vari abbassamenti del livello marino ed ai progressivi apporti sedimentari delle torbide fluviali che hanno portato all'avanzamento della linea di spiaggia, il conseguente progressivo avanzamento delle comunità psammofile pioniere dunali (il Cakileto e l'Agropireto) e la loro successiva sostituzione nelle zone retrostanti da parte di comunità vegetali più complesse e stabili conducono ad un ulteriore stabilizzazione del territorio consolidandone definitivamente l’avanzata verso mare. In questa prospettiva, le comunità pioniere psammofile rappresentano gli stadi iniziali del sistema mentre quelle retrostanti più complesse gli stadi progressivamente più "maturi" ed antichi. (10)(11)
Dalla battigia verso l'interno, comprende le seguenti comunità:
-il Cakileto, al margine interno della battigia,
-l'Agropireto, nelle dune più "basse" al limite interno della "spiaggia",
-l'Ammofileto, sulle dune "mobili" e basse macchie a ginepro e olivello spinoso sulle dune più interne e consolidate.
LA SPIAGGIA E LE DUNE COSTIERE
Dal un punto di vista tecnico la spiaggia comincia sott’acqua alcuni
metri prima della battigia, cioè della zona di intervallo tra la
bassa e l’alta marea dove si infrangono le onde. Proseguendo verso
terra, dopo la battigia inizia la spiaggia sempre emersa che segue un profilo
di altezza crescente fino alle prime dune di sabbia ancora più elevate.
Sulla battigia [zona intercotidale o intertidale] si infrangono le onde
del mare che con i loro spruzzi alzano in aria i granelli di sabbia che
poi il vento preleva e porta verso l’interno. Intercettata dalle piante
psammofile che crescono sulla sabbia, i granelli si depositano alla loro
base e così, pian piano, progressivamente, ha luogo la crescita delle
dune. Senza queste piante le dune non potrebbero costituirsi naturalmente
in quanto senza la loro azione intercettante i venti trasporterebbero la
sabbia molto più all’interno ed in maniera molto più
dispersa.
Partendo dalla battigia e progredendo verso l’interno incontriamo
diverse tipologie successive di ambienti e relative comunità vegetali:
-zona di battigia, afitoica (priva di vegetazione)
-zona di riva o di semplice spiaggia (comunità intercotidali)
-dune costiere 1° (Cakileto ed Agropireto)
-dune bianche 2° (Ammofileto)
-dune grigie stabilizzate (Tortuleto-Scabioseto)
-dune brune consolidate (Arbusteto)
-depressioni interdunali
-paleodune (rimboschite a Pinus maritimus in Emilia Romagna)
PROFILO COSTIERO
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SPIAGGIA
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DUNA COSTIERA
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DUNA BIANCA
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DUNA GRIGIA
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DUNA BRUNA
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SPIAGGIA - Innanzitutto, partendo dal mare sino ad arrivare alla zona
di sabbia non più raggiunta dalle onde vi è la spiaggia. Sebbene
generalmente "afitoica" (priva di vita vegetale), anch’essa
è di fondamentale importanza per l'equilibrio del sistema litoraneo
costiero nel suo complesso: le modificazioni della sua estensione, indipendentemente
dalle cause, coinvolgono infatti direttamente tutte le comunità vegetali
retrostanti. Le comunità intercotidali si sviluppano sulla spiaggia
subito oltre il livello dell’alta marea dove vengono depositati i detriti
portati dalle onde. Questi detriti, di origine soprattutto vegetale, portano
con sé una quantità variabile di semi vitali fornendo alla
sabbia durante la loro decomposizione vari nutrienti minerali ed addirittura
riuscendo ad aumentarne la capacità di ritenzione idrica, funzionando
un po’ come una spugna per l’acqua piovana e riparando la sabbia
sottostante da una troppo veloce evaporazione.
In genere queste comunità danno luogo a coperture trascurabili e
spesso molto effimere in quanto rimangono soggette all’azione depositiva
e/o erosiva delle onde. Quando però l’accumulo di detriti organici
prevale significativamente sulla loro asportazione, è possibile l’instaurarsi
di comunità vegetali temporanee. Tali comunità inizialmente
sono caratterizzate da un elevato numero di specie diverse che nascono dai
semi arrivati insieme ai detriti o trasportati dal vento. Dopo la fase di
germinazione (favorita dall’acqua dolce piovana trattenuta dal tappeto
di detriti organico) il numero delle specie inizialmente presenti tende
progressivamente a diminuire a causa dell’ineliminabile elevato grado
di salinità ed aridità ambientale circostante.
A meno che l’ambiente fisico non evolva a zona umida costiera (e quindi
ad energia ondosa assente) oppure a duna sabbiosa (cioè con un’altezza
tale da non essere più raggiungibile dalle onde marine) le comunità
vegetali intercotidali sono destinate ad estinguersi. Nel caso invece l’ambiente
riesca ad evolvere ad uno delle due situazioni, la comunità vegetale
pioniera iniziale comunque scomparirà evolvendo a comunità
tipica di duna costiera o di zona salmastra.
(101)
DUNA COSTIERA - Di seguito viene la duna costiera ( o duna 1°);
protetta dalla spiaggia dagli effetti diretti del moto ondoso, essa rappresenta
la prima fascia di territorio emerso popolata da specie vegetali terrestri.
Su di esse si instaura e cresce la prima comunità vegetale vera e
propria: il Cakileto. Individuabile come la "prima linea di difesa
vivente" dell'ecosistema litoraneo, è formato da poche specie
a scarso sviluppo vegetativo superficiale, ma con ampi e diffusi sistemi
radicali, che creano un primo ostacolo alla mobilità della sabbia.
Il nome della comunità deriva da quello della piccola Crocifera che
la caratterizza, la Cakile maritima, a cui si molto spesso si accompagnano
lo Xanthium italicum e la Salsola kali.
In realtà da molti studiosi il Cakileto è considerato soltanto
come il margine esterno della comunità vegetale retrostante, l'Agropireto,
le cui specie più vistose e caratterizzanti sono: l’Agropyron
junceum, una graminacea cespitosa dai lunghi rizomi striscianti, che dà
il nome all'associazione, l’Eryngium maritimum, e la Calystegia soldanella
(Convolvolo delle sabbie). L'Agropireto segna effettivamente il limite interno
della spiaggia e corrisponde ad una modesta capacità di fissazione
della sabbia, operata dai cespi di Agropyron junceum. (10)(11).
Le classiche dune costiere da noi conosciute, devono la loro crescita ed
esistenza allo sviluppo di queste piante graminacee perenni capaci di crescere
in condizioni di elevata aridità e salinità. Queste piante
sono la gramigna delle sabbie (Elymus farctus, generalmente citato come
Agropyron junceum ed Agropyron junciforme) e l’orzo delle sabbie (Leymus
arenarius, noto comunemente come Ammophila arenaria o Ammophila littoralis).
Esse producono lunghi stoloni orizzontali e verticali su cui crescono le
parti aeree della pianta che a loro volta intercettano e trattengono la
sabbia che altrimenti il vento trasporterebbe lontano dalla riva. In questo
modo esse innescano e permettono il processo fisico di costituzione della
duna costiera. Sono in grado di dare origine ad accumuli di sabbia alti
fino a 30 cm ogni anno. Naturalmente non solo le graminacee ma anche tutte
le altre specie vegetali che crescono sulla duna costiera partecipano attivamente
alla sua crescita; semplicemente le graminacee sono quelle che producono
la maggior azione “costruttiva” in quanto possono crescere fino
ed oltre un metro di altezza. In Emilia Romagna le dune costiere generalmente
arrivano ad un’altezza di circa 3 metri ma possono arrivare addirittura
fino a 5-6 metri; il processo di crescita verticale della duna costiera
infatti termina quando arriva ad avere un’altezza maggiore dell’altezza
cui il vento può alzare in volo i granelli di sabbia.
Cakile maritima
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Xanthium italicum
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Salsola kali
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DUNA BIANCA - Di seguito, progredendo verso l’interno, troviamo
le dune 2°, dette anche dune bianche, che costituiscono una successiva
linea dunale retrostante a quella primaria, più elevata ed in certo
modo più stabile, sebbene sempre molto mobile.
Anche qui la principale specie colonizzatrice e stabilizzatrice è
la graminacea dello sparto pungente (Ammophila arenaria). Le dune formate
dallo sparto pungente sono caratterizzate da superfici di sabbia nuda sui
fianchi e nelle depressioni alternate da cespi di sparto sulle creste. (12).
L’Ammophila tra l’altro cresce e si diffonde, oltre che con lunghi
stoloni verticali ed orizzontali, anche con una modalità detta a
struttura aperta, dove i suoi cespugli crescono spontaneamente separati
gli uni dagli altri da aree di sabbia libera che vengono però presto
colonizzate dalle altre specie vegetali. Questa graminacea forma un efficace
ostacolo alla sabbia trasportata dal vento trattenendola nei suoi densi
cespugli. Si formano così cumuli isolati di sabbia che poi lentamente
tendono a confluire ed unirsi per dare luogo ad accumuli sabbiosi prima
ed a dune vere e proprie subito dopo. All'azione di consolidamento della
duna 2° contribuiscono in realtà diverse altre specie, come l’Echinophora
spinosa e la Medicago marina che sono proprie di una fase "matura"
dell'Ammofileto.
Successivamente, dietro le dune 2°, l'accumulo dei residui vegetali,
il loro apporto di nitrati e il compattamento del suolo favoriscono l'ulteriore
insediamento di diverse altre specie vegetali come per esempio l’Ambrosia
maritima, l’Oenothera biennis e la Conyza canale.
Quando, indipendentemente dalle cause, l’erosione marina diviene risulta
essere significativa, il mare distrugge le prime dune dell'Agropireto apportando
però contemporaneamente nuova sabbia sulle dune più elevate
dell'Ammofileto e sulla vegetazione retrostante. La conseguenza più
vistosa di questa situazione è costituita dalla regressione locale
dell’Ammofileto verso l'Agropireto e quindi dall'instaurarsi di compenetrazioni
tra le due comunità. Oltre a questo, però, più in generale
si osserva una retrocessione spaziale dell'intero sistema psammofilo ed
un "costipamento" delle sue associazioni, con danni spesso irreversibili
alle vegetazioni ed ai boschi retrostanti.
Agropyron junceum
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Calystegia soldanella
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Eringium maritimum
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Euphorbia peplis
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Euphorbia paralias
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Cyperus kalli
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Progredendo poi ulteriormente verso l’interno, dopo le dune secondarie
in cui prevale l’Ammofileto, le dune più interne e il loro retroduna
sono popolate da una comunità (il Tortuleto-scabioseto) dominata
da un muschio, la Tortula ruralis, e da una Dipsacacea, la Scabiosa argentea.
Qui grazie alla scarsa inclinazione del suolo le acque di pioggia non erodono
il suolo sabbioso, ma percolano lentamente, favorendo così l'accumulo
di sostanza organica. La copertura di muschio trattiene notevoli quantità
di acqua ed il suolo è notevolmente più stabile rispetto a
quello delle associazioni precedenti. Nel Tortuleto-Scabioseto si insediano
facilmente suffrutici e arbusti: Fumana vulgaris, Hippophae rhamnoides (l'olivello
spinoso) e Juniperus communis (il ginepro), caratterizzano queste dune più
interne.
Nell'ambito di quest’ultima comunità, o situazione geo-vegetazionale,
l’essere umano ha operato frequenti interventi di rimboschimento con
pino marittimo (Pinus pinaster) andando a forzare artificialmente la crescita
delle pinete. Queste pinete artificiali, sebbene da un lato portano ad un
ulteriore consolidamento del suolo selezionando anche una diversa più
matura vegetazione secondaria a graminacee (con Calamagrostis liitorea come
specie dominante, molto simile a quella delle depressioni interdunali completamente
interrate) dall’altro lato sono caratterizzate da un’accentuata
fragilità fisiologica e strutturale, legata alla loro posizione troppo
avanzata verso mare nel sistema costiero, ben visibile nei frequenti danni
alle cime degli alberi bruciate sia dalla salsedine che dai freddi invernali.
La distruzione delle macchie a olivello e ginepro per far posto ai pini,
priva la pineta del necessario riparo dai venti marini e dai loro effetti;
inoltre la posizione troppo avanzata di quest’ultima a discapito delle
zone ad olivello e ginepro fa si che le radici dei pini subiscano in maniera
eccessiva gli effetti di una salinità troppo elevata per loro. Quest’ultimo
principio vale anche quando a causa dell’erosione costiera, la retrocessione
ed il costipamento spaziale di tutto il sistema psammofilo inizia dalla
battigia e progredisce man mano verso l’interno andando a diminuire
la distanza tra il l’acqua marina salata e la pineta. (10)(11)
Ammophila arenaria
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Euphorbia paralias
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Echiponphora spinosa
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Medicago marina
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Eryngium maritimum
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Scolymus hispanicus
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DUNA GRIGIA - Dietro le dune 1° e 2°, mobili perché
comunque sempre soggette all’azione del vento, troviamo la prima linea
di dune ormai da tempo consolidate e stabilizzate: le dune grigie.
In questo caso la superficie della duna, dopo aver subito una prima fase
di stabilizzazione ad opera delle radici delle graminacee e delle altre
piante tipiche costiere, viene ad essere ulteriormente consolidata da muschi,
Tortula ruralis, e licheni.
Nell’arco di svariati anni questi muschi e licheni riescono a prendere
il sopravvento sulle altre piante e via via formano un tappeto compatto
di ricoprimento di colore grigio-marrone-grigio da cui deriva il nome. La
loro azione di ricopertura oltre che impedire al vento di asportare la sabbia
contrasta l’evaporazione immediata dell’acqua piovana e permette
così la successiva colonizzazione della duna da parte di molte piante
superiori quali l'olivello spinoso, Hippophae rhamnoides, il ginepro, Juniperus
communis, ed il tamerici, Tamarix gallica. (?)
Gineprus comunis
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Eliantenum nummularium
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Hippopoae rahmnoides
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Hippopoae rahmnoides
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DUNA BRUNA - E dopo le dune grigie, troviamo poi il loro naturale
proseguimento, se così ci è consentito dire, le dune brune:
sono quelle più antiche ed in genere si trovano nelle zone retrostanti
più interne. Ormai completamente consolidate, il loro colore bruno
deriva dal ricoprimento di humus acido che favorisce innanzitutto la presenza
del ginepro, Juniperus oxicedrus ssp.macrocarpa. Successivamente, poi, se
le condizioni generali lo consentono, vi cresceranno anche il pino marittimo,
Pinus pinaster, il pino domestico, Pinus pinea (non spontaneo) e, ancora
più tardi, la farnia, Quercus robur, ed il leccio, Quercus ilex,
andando a dar vita a vere e proprie pinete boscate come quelle tipiche delle
nostre coste dell’Emilia Romagna.
Pinus pinaster
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Pinus pinea
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Oenothera biennis
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AREE DI DEPRESSIONE INTERDUNALE - Rimangono infine le aree di depressione
interdunali, avvallamenti allagati situati tra due o più cordoni
di dune in cui l’acqua freatica (sotterranea) emerge dal terreno formando
pozze poco profonde, a volte permanenti, più spesso solo temporanee,
che ospitano tipi diversi di vegetazione a seconda dal grado di inondazione,
dalla sua durata e dalla concentrazione salina delle acque. Generalmente
questi piccoli specchi d’acqua vengono colonizzati innanzitutto dalla
brasca (Potamogeton crispus), detta anche lattuga marina. E’ una specie
annuale il cui fusto è lungo dai 20 ai 200 cm e che possiede con
numerose ramificazioni con foglie brune, rosse o verde smeraldo), dalla
zanichellia (Zanichellia palustris) e da muschi soprattutto del genere Hypnum.
Ai loro margini poi si possono trovare specie tipiche degli ambienti umidi
interni di acqua dolce come la soldanella acquatica (Hydrocotyle vulgaris),
l’iris d’acqua (Iris pseudacorus), il gramignone maggiore (Glyceria
maxima), la scagliola palustre (Phalaris arudinacea), il giunco comune (Juncus
effusus) e molte altre specie ancora. Quando invece le depressioni risultano
frequentemente inondate, le transizioni vegetazionali con ambienti spiccatamente
salmastri e quindi con tipi di vegetazione "alofila" sono la regola:
dove l’acqua freatica rimane sotto la superficie, si possono sviluppare
paludi salmastre con il tipico assortimento di specie alofile o sub-alofile
come Glaux maritima, il giunco marittimo (Juncus maritimus), il lino d’acqua
(Samolus valerandi) ed il giunchetto comune (Scirpus holoscoenus). (12).
Quando invece le depressioni possiedono una posizione più interna
e vengono solo temporaneamente inondate da acque salmastre prevale lo Schoeneto,
così chiamato per la dominanza di Schoenus nigricans, frequente anche
nei boschi litoranei, in corrispondenza delle zone più depresse e
acquitrinose in inverno. Dove infine le depressioni più arretrate
presentano infine soltanto un suolo umido e solo occasionalmente inondato
prevalgono aspetti di vegetazione a Calamagrostis littorea, con Populus
alba, Ulmus campestris e Lonicera etrusca, che preludono caratteristiche
di vegetazione forestale. (10)(11)
*www.fondazionemichelagnoli.it
SUCCESSIONE VEGETAZIONALE DELLE DUNE SABBIOSE -